La Chiesa oggi guarda con attenzione, dettata da profonda esperienza umana e religiosa, al fenomeno migratorio. Non è esso un fatto episodico o congiunturale, ma rivela i tratti di strutturale presenza nella formazione di una nuova identità umana. È caratteristica dei nostri tempi la mobilità umana, che è determinata da diversi fattori. Si viaggia per lavoro, per cultura, per svago. Flussi umani da diversi Paesi del mondo giungono in Europa e in Italia, determinando sempre più l’incontro di culture diverse in un confronto non sempre facile. L’accoglienza trova le sue difficoltà, che possono essere risolte con una buona volontà non soltanto proclamata, ma espressa con le opere e i gesti concreti.
L’integrazione è più problematica, perché è un processo culturale e vitale, che chiede tempi lunghi e lentamente si rende possibile attraverso l’incontro nel tempo e con le future generazioni. Risulta tuttavia l’importanza dell’accoglienza come espressione di appartenenza ad una sola famiglia umana.
Il fenomeno migratorio è abbastanza presente e inarrestabile, anche se deve essere regolato secondo le possibilità di risorse del Paese accogliente. Il processo tante volte è guidato dalla economia globale, da situazioni di povertà e di disagio sociale, nonché dalle guerre, tante volte tribali ed economiche.
Il 16 gennaio ricorre la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato un messaggio ricco di umanità e di spiritualità, invitando la Chiesa a riflettere sul crescente fenomeno migratorio e volgere la preghiera al Signore, perché i cuori si aprano all’accoglienza, operando una scelta che sappia unire giustizia e carità. Il fondamento di questa opzione è dato dalla verità che Dio è Padre, ci chiama ad essere figli amati nel suo Figlio prediletto, per cui siamo tutti fratelli in Cristo. Il Santo Padre indica il tema scelto quest’anno: “Una sola famiglia”. Invita a riflettere come l’umanità riscopre di essere famiglia di Dio, in una modalità di accoglienza scambievole.
Ci ricorda il Concilio Vaticano II, nella Dichiarazione Nostra aetate n. 1, che «Tutti i popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra; essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio del quale la provvidenza, la testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti».
La tipologia del fenomeno migratorio ha diverse connotazioni: interne, internazionali, permanenti, stagionali, economiche, politiche, volontarie, forzate.
Diventa anche problematica la ricerca di risposta all’interrogativo. Che cosa debbono lasciare gli immigrati per sentirsi integrati, che cosa debbono conservare per non sentirsi defraudati dal nuovo ambiente accogliente?
Anche affermando che lo Stato ha diritto di regolare i flussi, deve tuttavia assicurare il rispetto alle persone e alla loro dignità umana.
Occorre coniugare solidarietà e legalità, accoglienza e rispetto delle regole. Il Santo Padre Benedetto XVI ci ricorda che: «Tutti fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione». Inoltre occorre ricordare e meditare quanto il Venerabile Giovanni Paolo II sottolineava che «il bene comune universale abbraccia l’intera famiglia dei popoli, al di sopra di ogni egoismo nazionalista. È in questo contesto che va considerato il diritto ad emigrare. La Chiesa lo riconosce ad ogni uomo, nel duplice aspetto di possibilità di uscire dal proprio Paese e la possibilità di entrare in un altro alla ricerca di migliori condizioni di vita» (Messaggio per la Giornata Mondiale delle Migrazioni 2001, 3).
La Chiesa volge lo sguardo ricco di benevolenza e di umanità nei confronti degli immigrati, considerando la Paternità di Dio e l’unità del genere umano. Propone la riflessione sulla Divina Eucaristia che è segno di carità e di comunione nei confronti dei poveri e dei deboli.
Il Messaggio del S. Padre spazia su alcuni temi particolari, che necessitano della nostra riflessione e del nostro comune impegno. Comunica a tutti noi la situazione non sempre definita dagli Stati della condizione dei rifugiati e migranti forzati.
Il S. Padre ci ricorda: «Come già ebbi occasione di dire, accogliere i rifugiati e dare loro ospitalità è per tutti un doveroso gesto di umana solidarietà, affinché essi non si sentano isolati a causa dell’intolleranza e del disinteresse» (Udienza Generale del 20 giugno 2007).
È questo dei rifugiati, tante volte per motivi politici, di sterminio della razza o della famiglia etnica uno dei tanti motivi di sofferenza umana. È una piaga di dolore che si riapre e che non si rimargina, dettata dalle condizioni di intolleranza e di disinteresse, che regna un po’ ovunque. Purtroppo bisogna lamentare che vi è un clima diffuso di non accettazione del migrante per pregiudizi razziali. In alcune situazioni vi è un forte razzismo, o anche una diffusa paura, sospetto per l’altro, per lo sconosciuto, per lo straniero.
Vi è una diffusa mentalità xenofoba, dettata da pregiudizi, che lentamente minano alla base ogni tipo di accoglienza. Questa mentalità è diffusa nei diversi ambienti e genera una sofferenza in coloro che bussano alla porta della nostra considerazione e del senso umano di accoglienza. Gli immigrati sembrano quasi un peso da rimuovere, per cui a fatica entrano nel circuito della nostra comprensione umana.
In particolare i rifugiati sono più esposti ad un isolamento fisico ed ambientale. Vivono la loro solitudine come un dramma spirituale e umano, non facile ad essere rimosso.
L’emigrazione non è uno svago, una passeggiata per diporto, ma diventa dramma per l’entroterra umano e sociale da cui parte.
Miseria, fame, precarietà, malattie, contrasti sociali, lotte etniche, persecuzioni sono alla base, ma anche un giusto interesse ad una vita migliore, non ostacolata nel suo divenire. L’immigrazione per il paese accogliente non è un disagio sociale assoluto, anzi può essere risorsa, poiché tante volte nei paesi accoglienti vi è un forte calo demografico, con caduta del lavoro, che gli abitanti non desiderano compiere, per una mentalità di scelta, che è cambiata. D’altra parte gli immigrati sono persone che si impegnano come lavoratori nei settori, specie nella edilizia, nell’agricoltura, nel piccolo commercio tante volte ambulante.
Il Santo Padre esorta alla accoglienza concreta quando afferma per i rifugiati «che quanti sono forzati a lasciare le loro case o la loro terra saranno aiutati a trovare un luogo dove vivere in pace e sicurezza, dove lavorare e assumere i diritti e i doveri esistenti nel Paese che li accoglie, contribuendo al bene comune, senza dimenticare la dimensione religiosa della vita» (Dal Messaggio per la Giornata del Migrante 2011).
Il Santo Padre si sofferma inoltre sulla considerazione della presenza di studenti esteri ed internazionali presenti specie nelle Università e Istituti di ricerca. Essi si formano culturalmente e socialmente ad essere futuri dirigenti nel loro paese di origine, per cui hanno un grande compito anche a favore degli altri. Rivela il tutto come l’umanità, nelle sue diverse componenti, forma una sola famiglia. È questo anche motivo per «sostenere l’impegno a favore degli studenti esteri e accompagnare l’attenzione per i loro problemi concreti, quali le ristrettezze economiche o il disagio di sentirsi soli nell’affrontare un ambiente sociale e universitario molto diverso, come pure le difficoltà di inserimento» (Dal Messaggio per la Giornata del Migrante 2011).
La Chiesa, esperta in umanità, evidenzia sempre più come l’umanità è una grande famiglia, al di là di ogni distinzione dettata da motivi contingenti e marginali. L’umanità è la grande famiglia di Dio, che si costruisce nel nome del Signore e del suo amore come comunità che esprime dono, rispetto, accoglienza, per tutti, specie per i più poveri e deboli.
L’opzione preferenziale per i poveri è il segno di una Chiesa, che è libera e sa parlare con tutti.
La carità poi è il biglietto di visita di una Chiesa, che ama ed offre la sua disponibilità a vestire il grembiule del servizio ai più poveri e deboli, così come ha fatto il suo Maestro. «Vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15, 15).
La Giornata Mondiale delle Migrazioni 2011 si svolgerà quest’anno nella Regione della Liguria, per cui saluto con deferenza e grato senso di rispetto e stima la Conferenza Episcopale Ligure, il Signor Card. Angelo Bagnasco, Presidente della C.E.I. e Presidente della Conferenza Episcopale Ligure, tutti gli immigrati, perché insieme formiamo la grande famiglia umana, perché è la grande famiglia di Dio.
† Bruno Schettino
Arcivescovo
Presidente della Commissione Episcopale per le migrazioni
Assinar:
Postar comentários (Atom)
Nenhum comentário:
Postar um comentário